Domenica 5 marzo 2023
Teatro Comunale
Ore 20:45

Adattamento e Regia Luca De Fusco
con
Anita Bartolucci – Paolo Serra – Valerio Santoro
Matteo Micheli – Alessandra Pacifico Griffini
Alessandro Balletta
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Gianni Garrera
aiuto regia Lucia Rocco
foto di scena Tommaso Le Pera
Enrico IV è uno dei personaggi che aspetta la maturità di un grande attore. Mastroianni,
Randone, Albertazzi, Benassi, Ruggeri hanno dato ognuno una propria versione di questo
grande personaggio. Il testo non è forse perfetto come altri capolavori di Pirandello ma il
personaggio è entrato subito nella storia del teatro. Un uomo che è caduto da cavallo
durante una festa in maschera e si è risvegliato convinto di essere Enrico IV, il personaggio
storico che stava interpretando, è una grande metafora. Con la sua figura ci fa riflettere sul
grande tema della follia ma anche sulla finzione e sul teatro stesso, visto che l’uomo, di cui
non conosciamo neppure il vero nome, si è talmente radicato nel suo personaggio da non
volerne uscire neppure quando rinsavisce di colpo. L’arrivo dei suoi vecchi compagni di
quella fatale mascherata fa esplodere tutte le contraddizioni di questa incredibile figura che
vive da anni chiuso in un castello fuori dal tempo.
Eros Pagni è giudicato da molti uno dei massimi attori italiani. Nel corso della sua formidabile
carriera ci ha dato dei personaggi indimenticabili. Tra i più recenti un Sindaco del rione
sanità, il Padre dei sei personaggi, il Prospero della Tempesta. Dopo un lungo sodalizio col
Teatro di Genova e col compianto Marco Sciaccaluga, ha intessuto una nuova collaborazione
con Luca De Fusco, col quale iniziò interpretando un magnifico Shylock.
La versione dei “Sei personaggi in cerca d’autore” che Pagni e De Fusco hanno realizzato
assieme, è stata salutata con grande successo non solo in Italia ma anche a San Pietroburgo
e Parigi. Il grande critico George Banu definì lo spettacolo una delle maggiori versioni del
capolavoro pirandelliano. Nel maggio scorso la Rai ha trasmesso lo spettacolo registrato al
Valle, teatro dove il testo debuttò cento anni prima. Pagni e De Fusco celebrano ora un
nuovo centenario, rappresentando “Enrico IV” al Teatro Manzoni di Milano il 24 febbraio,
esattamente cento anni dopo la prima assoluta di quel testo che fu salutato dai milanesi con
grande successo.
Note del regista
“E io penso, Monsignore, che i fantasmi, in generale, non siano altro in fondo che piccole
scombinazioni dello spirito: immagini che non si riesce a contenere nei regni del sonno: si
scoprono anche nella veglia, di giorno; e fanno paura”.
“Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni e la nostra minuscola vita è
contenuta in un sogno “.
Queste due citazioni sono tra le più belle battute rispettivamente di “Enrico IV” e de “La
Tempesta“. È sorprendente l’affinità delle frasi, pur ovviamente nella loro differente natura.
È solo una casualità che Eros Pagni ed io abbiamo smesso di recitare il secondo testo per
approdare adesso al primo, sconfiggendo il brivido inquietante che il commiato di
prospero dalle scene fosse anche il nostro.
Parlo di casualità perché non abbiamo scelto il testo di Pirandello come un sequel di quello
di Shakespeare, ma c’è chi crede, come gli psicoanalisti, che le coincidenze non esistano e
gli accadimenti siano legati tra loro da segreti, da fili sottili e di lettura talvolta non facile.
Più ho studiato Enrico e, in effetti, più ho pensato a Prospero. Entrambi i personaggi sono
arroccati (uno in un’isola, l’altro in un castello), sembrano completamente estranei al loro
tempo, vivono un’assoluta solitudine, entrambi sono creduti pazzi, entrambi hanno con le
persone che li circondano un rapporto flebile, intermittente, che può far dubitare al regista
della stessa reale esistenza di ogni personaggio, salvo quello del protagonista.
In senso tecnico mi sento di aggiungere che sia Prospero che Enrico sono tra i migliori
personaggi di due drammaturghi geniali contenuti in due testi che non sono, invece, i loro
capolavori proprio perché dominati, a mio avviso, più dalla pulsione di delineare un grande
personaggio che una grande vicenda, dato che gli intrecci narrativi dei testi sono talmente
esili da poter essere riassunti in poche righe.
Come non ero sicuro che Prospero non fosse solo nella sua biblioteca, così non sono
sicuro che Enrico non sia solo nella sua camera da letto.
Sono, inoltre, entrambi testi che si collocano nella fase finale delle produzioni dei due
autori e forse questo determina quelle affinità. I due grandi scrittori, dopo straordinari
quadri d’insieme, hanno voglia di autoritratti. Non c’è, infatti, dubbio che dietro Prospero si
celi Shakespeare e dietro Enrico Pirandello. L’autore che ha detto “la vita o si vive o si
scrive“, sottintendendo di non averla quindi vissuta, somiglia molto a un uomo che ha
trascorso l’esistenza in un mondo immaginario, posticcio, teatrale in cui ognuno “fa finta“
di essere qualcun altro. Questo è lo spunto da cui parto, prima dell’inizio delle prove, avendo tracciato una rotta ma senza essere certo del porto d’arrivo, come io credo si debba fare sempre in un allestimento teatrale, in cui il regista può provare a sorprendere ma deve sempre essere
pronto ad essere sorpreso dallo scavo dentro le pieghe del testo.
Dopo l’orribile periodo che ci ha tanto addolorato e dopo l’obbligato silenzio, sono felice
di poter riprendere a comunicare col nostro pubblico. Sono anche felice di ritrovare tanti
antichi compagni di lavoro, e di trovarne di nuovi, primo tra tutti Valerio Santoro che non
manca di coraggio, virtù che ammiro negli altri e coltivo in me stesso. Ai compagni che
stavolta non trovo a bordo auguro altre felici navigazioni.